Da domenica 25 agosto 2013 a domenica 25 agosto 2013
Monrupino (900 abitanti) è il più piccolo comune della provincia di Trieste, da cui dista una quindicina di chilometri. Confina direttamente con la Slovenia (in particolare con il comune di Sesana) attraverso il valico di Fernetti, che è una delle sue tre frazioni , assieme a Col e Rupingrande.
Qui sono ancora molto radicate le culture tipiche del Carso. Infatti, a Monrupino si trova un’autentica Casa Carsica, mantenuta intatta nel tempo, dove si possono vedere i costumi, gli attrezzi agricoli e i mobili del secolo scorso, e dove si svolgono, l'ultima domenica di agosto degli anni dispari, le Nozze carsiche, rievocazione storica delle nozze così come venivano celebrate nel 19° secolo.
Le Nozze carsiche
La manifestazione, molto sentita dagli abitanti di cultura slovena che abitano l'entroterra triestino, da alcuni anni è divenuta una vera e propria attrazione turistica. Ha inizio il giovedì con l'addio al celibato e al nubilato: tradizione vuole che i futuri sposi debbano bere tutto d'un fiato grandi quantità del vino locale. Poi la sposa viene trasportata con un carretto alla frazione di Rupingrande dove, per l'ultima volta, ballerà da nubile con quello che a giorni sarà il suo sposo.
Il venerdì il giovane innamorato dedica una serenata alla sua bella intonando, sotto la sua finestra, tipiche canzoni slovene, con la futura suocera che veglia affinché i due non possano incontrarsi. Il sabato, su un carretto, viene portata nella nuova casa la dote della sposa.
La domenica è il gran giorno ed il matrimonio è celebrato, in costumi tradizionali, presso la chiesetta che si erge solitaria sulla Rocca di Monrupino. Al termine della funzione gli sposini vengono accompagnati dal corteo dei convenuti dapprima alla casa e poi al locale dove si terranno i festeggiamenti. Durante tutte le serate della festa non mancano musica e balli nella piazza del paese.
La Casa carsica
La Casa Carsica, perno della rievocazione, è ai margini del piccolo villaggio di Rupingrande. È una tipica casa rustica del Carso triestino di incerta datazione, senz'altro ha più di duecento o forse trecento anni. Il suo attuale aspetto risale al 1831, quando venne riadattata per l'ultima volta. È stata restaurata nel 1968.
Presenta il caratteristico tetto a lastre di pietra ed è arredata con mobili originali ed oggetti d'uso della vita contadina risalenti al secolo scorso, dono degli abitanti della zona.
Il tetto, sormontato da un imponente camino, ha una caratteristica copertura in lastre di pietra. In pietra squadrata sono anche la soglia e le finestre. Davanti alla casa un suggestivo cortile con pozzo e tutt'attorno mura di pietra a protezione del cortile e della casa.
Al pianterreno si trovano la cucina e la cantina. Al primo piano la camera da letto e il granaio. Nella cucina il pavimento lastricato in pietra presenta una sopraelevazione nell'angolo dov'è situato il focolare con il forno per il pane, la "napa" (cappa del camino) e un incavo di pietra per sistemare i recipienti con l'acqua.
Nella camera da letto risultano degne di nota due culle, due cassapanche riccamente intarsiate e un arcolaio. Da segnalare che anche la biancheria da letto e le coperte sono state fatte artigianalmente.
Nella cantina e nel granaio sono collocati utensili da lavoro e recipienti vari, a testimonianza della dura e faticosa vita degli abitanti del Carso.
La Rocca
Dalla Rocca su cui è stata edificata la chiesetta dello sposalizio si gode un panorama impagabile: a sud l’altopiano carsico; a ovest il mare Adriatico, la foce del fiume Isonzo, la città di Grado e l’isola di Barbana; a est i monti Nanos e Caven.
La Rocca fu prima castelliere preistorico (ossia, insediamento fortificato), poi castellum romano fortificato, infine inespugnabile fortezza che difese le popolazioni locali dalle invasioni barbariche.
Quando, a partire dal 1470, iniziò il periodo delle scorrerie turche, furono proprio gli abitanti a costruire intorno alla chiesa che vi sorgeva - menzionata per la prima volta in un documento vescovile dell'anno 1316 con il nome di "Sancta Maria Reypen" - un rozzo muro, non molto spesso, ma decisamente robusto.
Vicino all'entrata principale si vedono ancora i resti della Torre del Tabor con un arco murato, tratti della cinta muraria e la cisterna, oggi inutilizzata ma un tempo presenza indispensabile per la vita del luogo.
Una volta cessato il pericolo rappresentato dalle scorrerie dei Turchi, iniziò la ricostruzione della preesistente chiesetta, riconsacrata nel 1512 dal vescovo di Trieste Pietro Bonomo, con uno speciale regime di indulgenze per i pellegrini e i devoti.
La chiesa attuale, Santuario Mariano, è invece frutto di rifacimenti ed interventi settecenteschi, mentre il suo campanile - alto 19 metri è visibile da tutto il Carso - fu eretto solo nel 1802.
Altra costruzione di quel periodo è costituita dagli edifici dell'attuale Canonica, dove il portone ad arco reca incisa la data 1559. Questa costruzione, oggigiorno è adibita ad attività parrocchiali.
Ultimo edificio ospitato nella rocca, posizionato sulla rupe più alta del colle, è l’antica Casa del Comune, una piccola costruzione quattrocentesca in pietra, nella quale una volta si riuniva la “srenja”, ossia l’assemblea dei capifamiglia.
Foto dal web tratta da una edizione passata